“Per fare cose che nessun altro ha mai fatto, devi voler fare cose che nessuno vorrebbe fare.”

Laura Wilkinson è entrata nella storia nei Giochi olimpici del 2000, per essere stata la prima tuffatrice americana dal 1964 a vincere una medaglia d’oro nel tuffo da piattaforma. La superiorità della squadra cinese non faceva sperare che Laura si piazzasse alle Olimpiadi del 2000 e le probabilità contro di lei aumentarono ulteriormente quando si ruppe tre ossa del piede durante il periodo di massimo allenamento. In effetti, Laura fu in grado di ricominciare a tuffarsi solo tre settimane prima delle qualificazioni per i Giochi olimpici. Nonostante tutte queste premesse, si qualificò e riuscì ad entrare per la prima volta nel team olimpico. In una delle rimonte più memorabili della storia dei Giochi olimpici, Laura (soprannominata “The Comeback Kid”, letteralmente “la ragazza della rimonta”) iniziò in ottava posizione e terminò vincendo l’oro nel tuffo da piattaforma. Tutto questo con un piede rotto.

Laura, una “ritardataria” dello sport, aveva iniziato a tuffarsi a 15 anni e fin dai suoi inizi ebbe come allenatore Kenny Armstrong. Nel corso degli anni conquistò 19 titoli nazionali di tuffo negli Stati Uniti ed è l’unica tuffatrice americana della storia ad aver vinto la medaglia d’oro nei Goodwill Games. Atleta olimpica per ben tre volte (2000, 2004 e 2008), Laura ha anche conquistato l’oro nella Coppa del mondo del 2004 e nel Campionato mondiale del 2005, diventando così la prima donna della storia a vincere tutti e tre i titoli mondiali nel tuffo da piattaforma.

“Il consiglio migliore che il mio allenatore, Coach Armstrong, mi abbia mai dato è stato di puntare sempre al massimo”, afferma Laura. “Non basta riuscire ad entrare nel team olimpico. Devi andarci per vincere. Punta in alto o lascia perdere.”

Dopo aver vinto tutte le principali gare di tuffi, Laura e suo marito Eriek decisero che era ora di mettere su famiglia. Si ritirò dalle competizioni ma restò collegata al mondo sportivo come reporter, analista e commentatrice in diversi eventi, compresi i Giochi olimpici del 2012 di Londra e quelli di Rio nel 2016. La giovane coppia ebbe quattro figli, tra biologici e adottivi (in Cina ed Etiopia).

Dopo un ritiro di nove anni, però, a Laura lo sport mancava troppo e nel 2017 decise di ricominciare a tuffarsi. Dopo aver avuto la conferma dal suo coach “che non era pazza” a pensare di poter ancora gareggiare, Laura iniziò ad allenarsi per i suoi quarti Giochi olimpici. Tutto stava andando per il meglio quando, alla fine del 2018, iniziò a soffrire di insensibilità a una delle braccia. Anni e anni di urto sulla superficie dell’acqua a 60 km/h stavano presentando il conto alla sua colonna vertebrale: le fu diagnosticata una degenerazione dei dischi cervicali con necessità di fusione spinale.

“All’inizio pensavo che avrei dovuto decidere di sistemare il collo se volevo continuare a tuffarmi, ma poi compresi che dovevo sistemare la schiena perché non succedesse l’irreparabile”, racconta Laura. “Dovevo sottopormi all’intervento per poter continuare a fare la mamma per i miei quattro bambini.”

Nel dicembre del 2018 Laura si è sottoposta con successo a un intervento di discectomia cervicale anteriore e fusione con sistema di placche cervicali Orthofix per stabilizzare la colonna, in combinazione con un innesto omologo Trinity ELITE™ per favorire la fusione ossea. Durante la convalescenza, Laura ha utilizzato CervicalStim™ di Orthofix, un dispositivo leggero e portatile che utilizza l’energia elettromagnetica per stimolare la crescita ossea nel sito della fusione. Dopo sei mesi di convalescenza e di utilizzo del dispositivo CervicalStim, il medico di Laura dichiarò che la fusione era completa. Presto tornò in piscina e continuò a prepararsi per poter competere nelle prove olimpiche; Laura ha proseguito l’allenamento con il fermo obiettivo di rappresentare gli USA nelle olimpiadi di Tokyo 2020. Sebbene il suo viaggio sia terminato con un piazzamento nei primi 10 ai campionati nazionali americani di Indianapolis, Laura continuerà a essere un’ispirazione per il mondo intero.

“Sono certa che se spingo me stessa a fare qualcosa di grande, anche se non ci riuscirò sarò comunque una persona migliore”, continua Laura. “Sarò più brava di quello che sono ora. E qui viene il bello: a volte riesci a raggiungere gli obiettivi, a volte vinci medaglie d’oro e succedono cose meravigliose: vale sempre la pena di lottare.”

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